"Numero ottanta, stai bene? Sei sicuro?": cara Vut, una dura lezione ma l'anno prossimo torno!
Il ritiro non è un fallimento ma un insegnamento per il futuro: la Valmalenco Ultra Trail di Stefano Gatti
"Magnificent Desolation": l’espressione usata cinquant’anni fa da “Buzz” Aldrin per descrivere il paesaggio lunare non potrebbe descrivere meglio anche lo scenario che ci si presenta davanti agli occhi (e sotto la suola delle scarpe) alle primissime luci dell'alba dalle parti dello sbocco superiore del vallone di Sassersa, uno dei tratti più impegnativi della VUT: un acronimo brevissimo che sta per Valmalenco Ultradistance Trail e si prende la briga di provare a riassumere (in tre sole lettere, appunto), un’avventura alpina di novanta chilometri e seimila metri di dislivello, da coprire nel tempo massimo di ventiquattro ore. Il primo dei tre laghetti di Sassersa è lì da toccare e verrebbe voglia di uscire dal percorso per visitare anche gli altri due, che si trovano appena più in là ma nascosti alla vista e così tornare indietro di parecchi anni… Se non fosse che c’è una gara da correre e sono già parecchio in ritardo. Le acque del laghetto infatti sono nere quasi quanto la mia “maglia”. Una crisi di freddo lungo la risalita della Val Torreggio, in direzione del Rifugio Bosio-Galli, ha prodotto gravi danni alla mia già fantascientifica e quindi traballante strategia: sensazione di gelo, mani viola come nemmeno a tremila metri nel mese di gennaio, e di conseguenza posizioni perse a grappoli.
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